12/08/2022
Un evento felice ha risvegliato il regno dell'ombra con
i suoi incubi, palude archetipica in
ognuno di noi.
Dopo lunghi mesi di lock down ho potuto fare una
vacanza con mio figlio Maurizio, affidatomi dal destino da piccolo ora
cinquantenne con le tempie brizzolate e un'aria da eterno bambino dovuta a
problemi genetici dello spettro autistico.
Il lungo distacco ha provocato uno tsunami emozionale
in entrambi poco gestibile.
La scoperta che questa pandemia non ci restituirà la
realtà di un mondo dato per scontato è arrivata come le trombe di Gerico
distruggendo abitudini e certezze consolatorie.
Da psicoterapeuta ho subito pensato di ricorrere ad un
ansiolitico ma eventi sincronici arrivati come dono prezioso verso il quarto
giorno mi hanno ricordato che la medicina più forte nei crolli psicofisici è la
compassione: un vento che soffia all'improvviso spazzando le nuvole nere e il
caldo soffocante delle passioni tristi.
Vedere in modo diverso gli altri e diventare loro con
problemi e difetti apre sentieri inaspettati dove l'anima finalmente può
parlarci.
Vivere un amore sublime e distaccato come scrivono i
Maestri è ancora un archetipo di cui sentiamo una profonda nostalgia.
La compassione fa parte del nostro patrimonio umano, i
piccoli piangono se sentono piangere.
Il contagio empatico trasmesso dagli animali, dalle
foreste, dalle notti stellate fa da starter ad ogni forma di amicizia,
"comunella" e desiderio di amore.
La vacanza con il mio "mentor" sta per
concludersi ma la piccola porta sul cammino del noi è rimasta aperta.
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