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La resilienza

14 Settembre 2020

La resilienza, questo termine che sembra difficile, in realtà è una risorsa umana molto semplice quella di superare traumi, disgrazie e catastrofi ambientali per noi umani . Non è un semplice coping di sopravvivenza, ma superare un trauma potendolo immaginare, raccontandolo agli altri e archiviarlo nella memoria.

Si costruisce così il mito personale comprensibile e accettabile dall’Io. Il ricordo traumatico elaborato diventa evolutivo; se cala il silenzio, la memoria diventa traumatica, un’area di incubo congelata che imprigiona la personalità obbligandola ad una ripetizione compulsiva di quel clima emozionale.

Assistiamo infatti a serie di matrimoni falliti, lavori dolorosi, scacchi nel percorso della vita.

Il non riuscire a modificare questi ricordi attraverso un’elaborazione creativa ci porta a ritornare sempre sul “luogo del delitto” fatto di legami ripetitivi e situazioni imbarazzanti.

Il termine resilienza viene dalla sperimentazione sui metalli, sulla resistenza al fuoco e all’usura e la durata nel tempo. Oggi se ne parla molto in psicologia, neuroscienze, educazione.

Tra i molti autori questo termine viene approfondito dopo l’ultima guerra nei lavori di Boris Cyrulnik, psicanalista, neuropsichiatra e ricercatore sopravvissuto alle persecuzioni naziste.

Oggi ci insegna a superare il grave danno di una memoria traumatica attraverso il potere della narrazione. Quando si attiva un tutore umano di resilienza che condivide e contiene un’esperienza grave, la memoria diventa evolutiva; le varie forme di psicoterapia, sostegno psicologico o spirituale ci confermano attraverso le neuroscienze il potere terapeutico della parola condivisa.

La ricerca neuroscientifica oggi si occupa dei danni della memoria post-traumatica nei casi di guerra, migrazione, catastrofi naturali e danni ambientali; in una ricerca in Israele e Palestina su donne in gravidanza che hanno subìto tali traumi si è visto che i loro bambini sono nati tutti con danni cerebrali, ritardo dello sviluppo e disturbo dell’apprendimento, attraverso la cura della memoria traumatica si può uscire dalla prigione del passato.

Lo spazio dell’ascolto di eventi drammatici inconfessabili crea un’isola dove anche l’orrore trova un significato epico, comprensibile, poetico: una piece teatrale, una sinfonia, un dipinto diventano emozioni che si possono condividere, fruibili da tutti.

I sopravvissuti agli orrori della guerra che hanno potuto raccontare le terribili esperienze in forma creativa e accettabile non hanno manifestato problemi di memoria traumatica.

Nei bambini preverbali nel caso che si verifichino eventi stressanti o insoliti, il disegno, plastilina e colori possono aiutare l’elaborazione del loro mondo interno dopo la tempesta.

L’ambiente sociale del bambino può diventare un tutore di resilienza empatico e rassicurante.

La cascata di emozioni contagiose fuori controllo crea un’identificazione collettiva da panico, rabbia, caccia al colpevole.

La condivisione di progetti, ideali, sistema di credenze religiose o spirituali è uno strumento efficace per uno sviluppo equilibrato.

Il potere dei nostri due cervelli emisfero destro ed emisfero sinistro uniti, crea, passando per il cuore, il Superindividuo.

Nei momenti sociali profondamente traumatici si accende la stanza dei bottoni, la scatola nera in dotazione umana è pronta all’uso, la chiave magica per aprirla è l’unione amorevole, la compassione, lo scambio intelligente che permette ad un gruppo di valutare il contesto e trovare soluzioni di sopravvivenza.

Questi piccoli gruppi a macchia di leopardo sul pianeta sono sempre in contatto tra di loro, come tutti gli altri mammiferi, specie differenti e il regno vegetale.

Nel cambio epocale la magia diventa fisica quantistica, nuova spiritualità, linguaggio universale.

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