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Un Aiuto al Prigioniero

2 agosto 2021

Ci sono momenti di tranquilla routine dove tutto sembra scorrere secondo il famoso “libero arbitrio” poi improvvisamente qualcosa si ferma. Il tempo interno viene turbato da sogni, momenti di insonnia, risvegli difficili, crisi psicosomatiche.

Il mondo esterno con le sue regole e curve del destino diventa alieno come nei migliori film di fantascienza. Il sospetto di avere già navigato lo stesso fiume emozionale diventa spazio.

Gli esperti dell'imprinting animale trasportano nella psicologia umana con i suoi crolli studi sulla ripetizione non negoziabile del clima delle nostre origini.

Negli umani il fake imprinting ci spinge a comportarci come la paperella che identifica come figura genitoriale l'allevatore che se la mangerà.

L'irresistibile ricerca di un clima anche traumatico della nostra origine ci mantiene nella prigione antica di quando la corteccia cerebrale, capace di significati e scelte, non era ancora formata.

Puri stati emozionali guidati da profumi, suoni, colori arredano la prigione del fake imprinting creando film di giustificazioni e cause logiche: l'autoinganno allucinatorio della propria realtà profonda dell'identità embrionale di un piccolo cervello che interpreta il mondo.

Quando andiamo in distress per malattia, abbandoni, perdita del lavoro o lockdown malgestito si innesca il fake imprinting che abbiamo imparato a considerare la nostra identità di base: ritorniamo “a casa” la, piccola isola-prigione dove l'identità primordiale si è formata.

La trappola del fake imprinting non è cancellabile, ma se disvelata con consapevolezza e umorismo può essere evitata cercando futuri alternativi.

Diventato protagonista dei miei futuri possibili lascio il mio “fake” ora mito nella stanza dei ricordi.

 

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